Annullato. Cancellato. Rimandato a data da destinarsi. Contattare gli organizzatori dopo il 3 aprile. Consultare il sito prima di accedere. Chiusura temporanea. Ai tempi del Coronavirus sono messaggi quotidiani che, con l’aggiornamento costante di un contagio che sbalordisce per la velocità di propagazione, accompagnano i cartelli di eventi, mostre, film, spettacoli, musei, attività culturali.
E la frase che passa di bocca in bocca è stigmatizzata in tre parole: “Prima la salute!”.
Prima la salute: di tutti, di tutte, soprattutto dei più deboli, dei malati con patologie croniche, delle persone che gli anni rendono fragili nel corpo.
Prima la salute: che significa seguire le indicazioni del Governo, recepire quelle dei Vescovi, evitando il più possibile incontri, raduni di persone, assemblee, per contenere il già inevitabile contagio.
Stare bene, essere in salute, vivere: “buon vivere”. Risuonano le parole del documento finale del sinodo sull’Amazzonia, in cui emerge che “la comprensione della vita è caratterizzata dalla connessione e dall’armonia tra acqua, territorio e natura, vita comunitaria e cultura (…) e implica il «buon fare»” (n. 9).
Il “buon fare” per il “buon vivere” significa anche, oggi, abbandonare ogni possibilità di partecipare ad eventi culturali in presenza, magari alcuni già organizzati con grande cura e passione. Per l’associazione Presenza Donna, ad esempio, ha voluto dire non proporre la preghiera per la giornata internazionale della donna dell’8 marzo, abbandonare l’evento artistico organizzato al museo diocesano di Vicenza su donne e rinascimento, rimandare l’assemblea associativa…
Per la Congregazione delle suore Orsoline, ha significato celebrare a porte chiuse il 2 marzo la nascita al cielo di madre Giovanna, unite spiritualmente a tutte le persone che in questa quaresima non possono partecipare all’assemblea eucaristica domenicale se non attraverso i media e i social. Ma anche non condividere la festa di san Giuseppe, nostro patrono e protettore, con amiche e amici laici, come pure annullare il corso di esercizi spirituali a Gallio, rimandare il convegno missionario…
Eppure non si ha l’impressione di mettere in secondo piano la missione culturale e formativa, come pure la dimensione spirituale celebrativa della vita cristiana. È una sensazione strana, che promana dalla necessità di mettere in ordine di priorità le azioni della vita, di rispondere ad un principio di realtà che interpella il corpo, il cuore, la mente, la fede. Sapendo che in questa realtà ci sono “monti alti da salire”, con sentieri erti e oscuri, in cui occorre “battere da forti la via oscura, per trovare la luce”, nella fiducia che “la mano di Dio conduce tutto”, come affermava madre Giovanna. Ben conoscendo la tensione del lasciare aperte le domande sul “perché”, alle quali arrivano risposte scientifiche di mutazioni genetiche sempre in cambiamento ma non esaustive del senso di tutto questo proprio nella situazione odierna, nei diversi paesi del mondo e in particolare nel nostro paese, così produttivo e attivo in tanti settori, in particolare in quello culturale.
Domande aperte, risposte sospese: che forse troveranno qualche nucleo di senso più avanti, quando la distanza dal momento di vita permetterà di guardare con maggior distacco emotivo questo tempo e darà spazio a cogliere il significato spirituale che emerge dalle “azioni concrete con e per l’altro, nell’attenzione alla salute, nell’educazione, nella solidarietà e nel sostegno ai più vulnerabili” (documento finale del sinodo panamazzonico n. 41).
Per ora possiamo intravedere i repentini cambiamenti che questa situazione ha portato: ha chiesto di ri-convertire la maggior parte degli stili di vita, lavorando di più da casa, assistendo da vicino i bambini e i ragazzi sempre presenti nella cerchia familiare e non in quella scolastica, tenendo relazioni virtuali con amici e conoscenti, anche con persone ricoverate per malattia o per cura. Una corporeità meno vicina, una prossemica distanziata ci inducono a cercare nuove modalità di accoglienza reciproca e di relazione non formale.
È come se questo tempo di contagio del Covid 19 inducesse a cambiare rotta, a con-vertire, fare inversione di marcia. Ma non perché le modalità di vita siano sbagliate, ma perché occorre fare i conti con un piccolo virus ad alta contagiosità, per cui bisogna ri-adattarsi alla nuova situazione diventando più flessibili, imparando ciascuno e ciascuna a non sentirsi sconfitti dalle inevitabili restrizioni, a non viverle ineluttabilmente come un dramma, ma a coltivare altre forme di socialità, relazionalità, produzione culturale, spiritualità, missione.
Allora il “prima la salute” si accompagna a una preghiera intensa, che nelle comunità religiose che si riuniscono per la preghiera comune diventa presenza di tutte le situazioni che stanno vivendo le sorelle e i fratelli del mondo.
Il “prima la salute” si accompagna a coltivare una dimensione culturale che ha i tempi lunghi del pensare, del leggere, dell’ascoltare, del discutere, dell’informarsi con attenzione, del conoscere attraverso i racconti di altri.
Annullato, sospeso, rimandato, chiuso. Riprenderemo, realizzeremo, attueremo, apriremo nuove dimensioni di cultura, di vita, di spiritualità.
Restando con alcune nostre domande aperte, con risposte sospese.
sr. Federica Cacciavillani