Per un bene più grande, secondo l’esempio di Madre Giovanna Meneghini
“Mi sembrava di avere un cuore così grande e una brama così ardente per la salute delle anime bastante per abbracciare tutto il mondo. Questo soleva essere nella santa Comunione e nell’esposizione del Santissimo” (Giovanna Meneghini). Come può una donna, vissuta nella periferia esistenziale di una grave ristrettezza socio-economica e culturale, sentire la propria interiorità espandersi fino ad abbracciare la totalità del mondo, una realtà per lei nemmeno immaginabile? Cosa ha dilatato a tal punto l’anelito di un’esistenza che si è giocata entro un ambito geografico limitato e marginale? Questo attiene all’impossibile di Dio. Giovanna – nata al precario riparo di una stalla, proveniente dall’impervio Colle dei Meneghini, vissuta a Breganze nella subalternità di chi deve lavorare duramente per mantenersi, penalizzata dalla condizione femminile del primo Novecento – scopre dentro di sé un acceso desiderio di salvezza universale che la anima e la incalza a impegnarsi per il bene altrui, superando le angustie della sua situazione.
Chi l’aveva conosciuta ha raccontato che Giovanna si prestava con generosità e amore per tutte le necessità; in particolare la sua attenzione andava alle donne: le sosteneva e le incoraggiava. Le giovani più povere che desideravano consacrarsi le confidavano il loro cruccio per l’impossibilità di farlo, in mancanza della dote necessaria; scrive Giovanna: “una voce chiara mi diceva al cuore che dovevo pensarci io”. Molte persone si rivolgevano a lei domandando consiglio. Per quanto sembri utopico, “tutti possono dare un singolare apporto al bene comune attraverso la propria originale biografia” (Fratelli tutti n. 98), ma questo non accade spontaneamente: è il frutto maturo di un percorso.
Giovanna ancora dodicenne inizia a coltivare regolarmente la preghiera, che “innaffia” la sua giovane anima, alimenta il suo amore a Gesù e la pone in atteggiamento di ascolto. Dio parla nella vita, nel silenzio, nei sogni, attraverso risonanze interiori che schiudono a una dimensione di alterità, di fiduciosa apertura all’altro; l’adesione alla volontà di Dio sollecita un esodo, un progressivo decentramento da sé, tanto da far scrivere a Giovanna: “l’adorabile volontà di Dio […] consiste sempre nel sacrificare la mia”. Tale espressione, per quanto drastica, rivela la consapevolezza che nel dialogo con il mistero di Dio affiora sempre un oltre da valicare; accogliere la verità del bene che Dio vuole per ciascuno e per tutti chiede disponibilità a lasciare le proprie false certezze e limitate prospettive: Giovanna, desiderosa di seguire Cristo, rinuncia a entrare in una congregazione religiosa, quando il Signore le ispira l’impensabile missione di fondarne una nuova.
L’obbedienza nella fede comportava per Giovanna anzitutto la fedeltà al dovere quotidiano, a partire da quello verso la sua famiglia: Giovanna si impegna per contribuire, lavorando, al mantenimento proprio e degli zii che l’avevano accolta fin da bambina. Spesso si sente inadeguata alle incombenze che le assegnano, e si affida costantemente alla Madonna perché le sia “maestra”. Il risultato è che sulla qualità del suo lavorare le testimonianze sono unanimi: “competente”, “diligente”, “rispettosa” “stimata”.
Al tempo stesso Giovanna aveva un così forte senso di giustizia verso il prossimo, che tutto quello che possedeva sentiva di doverlo condividere con i poveri. Verso di loro era sempre disponibile e generosa, a costo di rimanere priva del necessario. Visse la carità verso il prossimo nel silenzio e senza alcun protagonismo. Cercava di aiutare concretamente le famiglie bisognose, come quella del mugnaio rimasto vedovo con nove figli, che Giovanna visitava quotidianamente contribuendo alla gravosa cura della prole.
L’esodo dall’attaccamento a sé stessa induceva Giovanna ad amare anche quelle persone che le causavano enormi difficoltà, che la ostacolavano nel realizzare il progetto di Dio. La croce che a volte sopportiamo per gli altri, sebbene gravosa, “non sarà mai eguale a quella che Gesù portò per nostro amore” (G.M.).
Nella stessa linea dell’adesione alla volontà di Dio si colloca l’elezione a superiora della Compagnia di sant’Angela appena sorta a Breganze: “Piegai il capo a tale ufficio e mi accorsi subito che quello doveva essere il campo dove Gesù benedetto avrebbe trovato le sue compiacenze” (G.M.). Giovanna accetta senza essere preparata, ma questa esperienza risulterà un preziosissimo tirocinio di responsabilità verso una comunità e di coinvolgimento collettivo nel perseguire un ideale.
Giovanna, corrispondendo alle quotidiane sollecitazioni dell’Amore, si apre progressivamente a un contesto crescente che tutti vorrebbe comprendere e abbracciare perché tutte le anime siano salve, perché ogni donna e ogni uomo abbiano la possibilità di sapersi amati da Dio. “Desidero che il Signore sia amato da tutti” (G.M.): ristabilire la relazione con Dio è camminare nell’orizzonte di una società veramente giusta e umana.
sr. Maria Coccia