Quando la preghiera si fa poesia
Miserere di me, che sono caduta a terra
come una pietra di sogno.
Miserere di me, Signore, che sono un grumo di lacrime.
Miserere di me, che sono la tua pietà.
Mio Figlio grande quanto il cielo
Mio Figlio che dorme sulle mie gambe.
Mio Figlio che non è più vivo.
Miserere di me che sono morta con lui.
Miserere della mia grandezza,
miserere della mia stanchezza,
miserere della misericordia di Dio.
Una delle voci più alte della poesia italiana, donna, madre a cui i figli sono stati staccati violentemente per anni di reclusione in manicomio: troppo libera, troppo sincera, troppo anticonformista, troppo fuori dagli schemi, insomma, pericolosa. Meglio rinchiuderla una donna così! Anni di manicomio, quando i manicomi erano ancora tali, ma oltre le sbarre, oltre i letti di contenzione e gli elettroshock, la poesia sa volare, e vola così in alto verso la libertà, la luce, la fama. La poesia che salva la vita: i tempi, nonostante tutto, sono cambiati. Le donne ora sanno usare la penna e trovare le parole capaci di esprimere sentimenti, di urlare le emozioni, di cantare l’amore, il dolore, l’anelito verso Dio, la preghiera, l’estasi… sì, un’espressione poetica tutta femminile, di testa, di cuore, di sensibilità, quella di Alda Merini. Libero e appassionato, come la sua personalità, è il suo rapporto col Divino, di condivisione e identificazione quello con la Vergine Maria. È un piccolo gioiello poetico la raccolta Magnificat (2002), in cui Alda-Maria parla in prima persona, “diventa” lei stessa Maria, percorre la sua vita di Madre: dall’Annunciazione (“Su questo libro tu sei sorto / angelo dell’Annunciazione”) al canto del Magnificat (“Io sono colei / che sconfiggerà la superbia, l’ingiustizia / e che con le sue deboli mani / aprirà il cuore di Dio / alla misericordia di Dio”). Ma Alda – Maria è anche la madre che urla il suo strazio, che chiede pietà pe quel Figlio “che dorme sulle mie gambe, che non è più vivo” e pietà per lei “che sono morta con lui”.
È l’iconografia della Pietà che si fa poesia, che supplica, che invoca: l’umanità femminile che abbraccia il Divino.
Chiara Magaraggia