Sono suor Annuccia. Mi è stato chiesto per questo numero di Vita Nuova di raccontare la mia esperienza di donna consacrata per portarla a conoscenza di tutti voi. Lo faccio con un certo timore sapendo che, quando si scrive qualcosa di personale, c’è il grosso rischio di esprimere uno o più aspetti della propria vita come fossero qualcosa di straordinario… ecco, nella semplicità vorrei invece trasmettere qualcosa di ordinario. Una ordinarietà che ogni suora delle Poverelle, la mia famiglia religiosa, in forza del dono ricevuto vive nel suo servizio, sapendo che dove gli altri giungono fanno comunque bene o meglio, ma dove altri non ci sono, cerchiamo di fare qualcosa noi, così come la Grazia del Signore ci permette di fare.
Da tre anni vivo in una comunità a Vicenza. In questa casa dal 1885 sono presenti le “Poverelle”. E’ una grande struttura con diversi servizi, una sorta di Villaggio della Carità: donne disabili, mamme con figli minori, donne con disagi psicofisici, donne provenienti dal carcere, famiglie sfrattate… Attualmente, oltre alle ospiti e agli operatori, siamo in dodici suore che viviamo e operiamo all’interno della struttura e sul territorio Vicentino.
Io sto vivendo la mia vita da “Poverella” nella comunità “Al Giordano” aperta da tre anni. Comunità che accoglie donne provenienti dal carcere.
La mia esperienza in questa realtà legata al mondo del carcere nasce tredici anni fa a Bergamo nella Casa Circondariale di via Gleno e nella comunità di accoglienza “Casa Samaria”.
Dalle lettere scritte dal nostro Fondatore, don Luigi Palazzolo, prete bergamasco, viene espresso più volte il desiderio di iniziare con le sue suore un servizio all’interno delle carceri. Per diversi motivi non gli è stato possibile, ma questo suo desiderio è passato come eredità a noi tutte suore delle Poverelle, che fin dai primi del Novecento abbiamo potuto varcare le soglie del carcere di Bergamo, di Brescia, di Napoli… e poi di Sassari, di Vicenza. L’esperienza di Bergamo, fin dal suo inizio, è sicuramente tra le più coinvolgenti. Ancora oggi, all’interno del carcere di Bergamo, in continuità alla sezione femminile, c’è una comunità dove vivono alcune delle nostre suore. Lì, così come ci è permesso, cerchiamo di fare famiglia con le donne detenute. Il saluto, l’ascolto, la preghiera, il lavoro, il gioco e tantissimi attimi della giornata sono vissuti con la forte e concreta condivisione di chi è costretto ad avere un corpo incarcerato. Le privazioni inflitte alla persona detenuta all’interno del carcere, sono le stesse che spesso vivono le suore con lo spirito di chi ha fatto della sua vita un continuo “avvolgersi tra i poveri” e tra questi i più poveri.
Ma ora entriamo insieme nella piccola comunità qui in Vicenza… “Al Giordano”. Attraversare il Giordano… passare dal deserto alla terra promessa; da uno stile di vita desertico ad una pienezza di vita con Dio e con gli altri. Le ragazze accolte spesso sono ferite dal loro stesso male, ferite dalla bruttura del carcere, ferite da un passato che non ha regalato loro certezze sulle quali appoggiare la propria esistenza.
…Fare casa con loro mi spinge ogni giorno a cercare modi e occasioni per sperimentare per e con loro possibili cammini di liberazione… e quando questo è possibile anch’io con loro mi sento libera!
E ancora… per noi “Poverelle” fare casa, accogliere, condividere, offrire sguardi e prospettive di un futuro possibile e ricco di speranza, è semplicemente lasciare agire il nostro cuore in quella “fantasia della carità”, seguendo le orme dei nostri Fondatori e delle sorelle che hanno saputo vivere in pienezza la logica dell’Amore Incarnato.
Sr. Annuccia Maestroni