L’esperienza e le scelte del vicentino Beppe Casarotto, tra Gruppi di acquisto solidale, impegno ecologico e produzione sostenibile
Giuseppe Casarotto, per tutti Beppe, è vicentino, sposato con Daniela, con cui ha avuto due figli. Nonni di due bambine, entrambi sono impegnati nella diocesi berica. Da quando è in pensione Beppe ha cercato di approfondire una sorta di richiamo della terra, per capire perché fosse tanto importante per lui.
Beppe, esattamente cos’hai fatto per scoprire questo richiamo della terra?
Ho ripercorso la mia storia e mi sono reso conto che la terra ne faceva parte perché ho trascorso praticamente tutta la mia gioventù nella fattoria di un amico. Ogni volta che non avevo altri impegni andavo là a “governar la vaca”, come si dice in Veneto, cioè a prendermi cura della mucca di questo amico. È lì che ho imparato ad amare la terra.
Poi, la vita ti ha portato altrove per scelte di famiglia e di lavoro…esattamente quando riaffiora questo legame con la terra?
Nel 2005 all’incirca. Stavo per andare in pensione e già avevo elaborato dentro di me l’idea della terra, ma è stato un incontro inatteso che mi ha dato la spinta che ancora mancava. Un amico del MSAC (Movimento Studenti di Azione Cattolica, gruppo che è stato molto importante per la mia formazione umana e spirituale), mi chiese se avessi mai pensato a come sostenere concretamente l’ambiente e lì è partita una ricerca, uno studio… Posso dire che il richiamo che avvertivo nel cuore aveva trovato un nome ed una via. In questi bivi che la vita ci offre occorre stare dentro, altrimenti non funziona. Serve un “sì” pieno di disponibilità per fare i primi passi, poi se ti appassiona si vede come continuare, si ragiona… L’evangelista Matteo li chiamava talenti: vanno approfonditi e personalizzati! Il mio modo di prendermi cura della terra non è lo stesso di un’altra persona, ma è il mio!
Qual è stato il primo impegno concreto che ti sei preso?
Dopo aver incontrato questo vecchio amico, la mia ricerca mi ha portato ai GAS (Gruppi di Acquisto Solidale). Proprio nel 2005 ho aderito ad alcuni di questi gruppi e abbiamo cercato – insieme alla mia famiglia – di sostenerli.
Cosa sono i GAS?
Sono gruppi di persone che sostengono i piccoli produttori locali e ogni tanto ordinano i loro prodotti: raccolgono le quantità che ciascuno desidera acquistare e le comprano garantendo in qualche modo la vendita dei prodotti. La storia e l’andamento dei GAS tuttavia è molto legata alla volontà di alcuni volontari che autonomamente (quindi senza scadenze e imposizioni) propongono al gruppo l’acquisto dei prodotti. Se viene a mancare il passaggio della proposta anche l’attività del gruppo viene sempre meno… A Vicenza ci sono all’incirca 35 gruppi che, negli anni ’90, hanno vissuto alti e bassi proprio perché sono su base volontaria. Un po’ alla volta hanno vissuto delle crisi. Sono nati dall’esperienza del Commercio equo e solidale, ma con altre persone sensibili ci siamo chiesti se ci fossero situazioni al di qua dell’oceano da sostenere. Per sette anni abbiamo così avviato “Gusti berici”, una vetrina per produttori locali.
E poi com’è continuata questa tua evoluzione? Sembra quasi un viaggio interiore…
C’è stato un viaggio interiore, ma ce n’è stato anche uno esteriore, concreto. Nel 2017 mi sono regalato un viaggio in Bolivia e ho scoperto l’idea del Pachamama (“Madre Terra”), cioè la parte naturale di ogni uomo e donna. L’idea dell’armonia descritta in Genesi, nella creazione, era l’elemento necessario per vivere con uno stile più rispettoso. A quel punto ho cercato di capire quale fosse l’altra idea per sostenere la realtà locale. In particolare da quando sono in pensione, aiuto amici che hanno oliveti e vigneti, allevano pecore… Mi guardo intorno e provo a rendermi utile nelle necessità che vedo, con l’idea dei cerchi concentrici. Guadagno il miglioramento dell’ambiente che mi circonda, del mio benessere fisico e delle relazioni, quel buon vicinato e quella cura dell’altro che un po’ abbiamo perso.
Quali cambiamenti concreti hai vissuto nel tuo stile di vita?
Sono diventato sostenitore anche dell’iniziativa “La piazza del bio” che vuol mettere direttamente a contatto produttore e consumatore, a Vicenza. Biologico per me significa piccole produzioni, non sfruttamento della terra, non uso di anticrittogamici… Se soddisfo i bisogni dei miei vicini produttori, è sufficiente. Non si risparmia economicamente, ma si sostiene la salvaguardia del creato e ci si nutre in modo diverso, più sano e gustoso. Inoltre si ritessono legami sociali, non più anonimi perché so che quel cibo ha una storia, è realizzato da alcune persone… Tutto questo non c’è al supermercato perché è anonimo. Riprendere i ritmi naturali, questa è la scommessa. Intorno a noi abbiamo delle cose bellissime, ma le stiamo rovinando da soli. Camminiamo senza vedere. Ci stiamo dimenticando da dove veniamo. Se non torniamo a conoscere la storia, non riusciremo ad andare avanti. Credo che dovremo recuperare l’agri-cultura, cioè la cultura che viene dalla terra, dall’agro.
sr. Naike Monique Borgo