L’esperienza dell’Ordine della sororità di Mantova fondato da Ivana Ceresa
Saremo tutte pellegrine…viandanti con lo spirito e nell’autorità femminile…
(Ivana Ceresa)
“L’idea venne in me da lontano, ma all’inizio non avevo neppure la parola per dirlo… Per quanto cercassi… trovavo sorella, sorelle, magari sorellanza, per indicare il legame tra le figlie della stessa madre, e anche suore, per dire religiose consacrate, ma le une e le altre diventavano ben presto ‘fratelli’ e ‘fraternità’ nel collettivo, e sparivano…”. Più volte ho sentito queste parole da Ivana Ceresa, la nostra matrice, come le piaceva nominarsi. E il suo desiderio profondo di “mettere al mondo al femminile la chiesa stessa, così ancora occupata dall’ordine simbolico maschile” ha generato la parola sororità. Dire sì all’intuizione/ispirazione di Ivana è stata per me una gioia immediata. Altre sorelle via via si sono unite. Così è iniziato il “viaggio di esodo dal patriarcato”, con la fondazione dell’Ordine della Sororità, riconosciuta dal Vescovo di Mantova nel 2002. Invenzione politica, macchina volante, occasione di libertà che brilla per il suo valore politico, come l’ha nominata Luisa Muraro. Ha avuto bisogno di tempo per incarnarsi nella realtà la parola sororità, per essere capita come occasione per sperimentare il senso libero della differenza sessuale. E così l’ordine simbolico della Sororità ha avuto e ha ancora bisogno di tempo per dirsi nel suo significato profondo. Nella premessa alla Regola Ivana richiama la genealogia femminile “le Beghine del Nord come le Povere Dame di Chiara d’Assisi o le figlie/sorelle di Angela Merici… dalle quali imparo la libertà, radicalità e amorevolezza nel seguire il vangelo tra donne, ma anche dal pensiero delle teologhe femministe e dalle filosofe della differenza … che m’hanno insegnato che il pensare, dire, desiderare, è, ha da essere sessuato… prende pietre dalle rovine della chiesa di Mary Daly…”.
Al centro del nostro stare tra donne sorelle c’è la pratica della relazione, sperimentata, cercata, intensificata nell’ascolto reciproco, nell’affidarsi con gioia alla parola dell’altra, nel confronto delle diversità di ciascuna sorella. Pratica feconda che va oltre le relazioni amicali in un orizzonte altro e oltre, alimentato e verificato simbolicamente dalla Visitazione, icona di vera relazione nel riconoscimento della reciproca autorità che sfocia nel canto libero di gioia. “La Sororità è un talento d’oro… siamo donne fortunate… noi abbiamo trovato una meta che è un punto di partenza… L’olio che dobbiamo procurarci è la pratica effettiva della differenza”, ci diceva Ivana. Siamo “convocate” dalla Ruah, spirito, vento, soffio, che ci spinge avanti, capaci di riconoscere l’autorità della presidente di ogni anno, “cosmica” come l’ha chiamata una sorella-poeta, non eletta per capacità o meriti, ma sorteggiata con l’invocazione alla Ruah, per “grazia” quindi, e finora non potevano essere fatte da noi scelte migliori. Il percorso è continuato nella ricerca a volte faticosa, per non venir meno alla spinta profetica dell’origine, alla relazione sororale nelle diversità di vita e di fedi, all’autorità femminile nel riconoscimento reciproco, alla genealogia. Incontri di piccole sororità, momenti di elaborazione fra tutte, seminari aperti ad altre donne, momenti di liturgia laica con attenzione a tutte le sorelle, approfondimenti con donne sapienti, confronti con altri gruppi di donne… Ci accompagna in questi ultimi anni la parola “mistica politica”, che Antonietta Potente ci ha donato. È stata vicina a noi con la sua sapienza, la sua parola, i suoi scritti incoraggiandoci non solo a custodire e coltivare la relazioni, ma ad avere uno sguardo libero anche nei confronti della chiesa, con il coraggio di scegliere senza aspettare autorizzazioni e consensi, con la fedeltà a noi stesse, portando il nostro desiderio di una chiesa-comunità, oltre il patriarcato e il sessismo, una chiesa cui tutti e tutte partecipano sospinte dal vento dello Spirito. Con altri gruppi di donne ci stiamo interrogando sulla chiesa cattolica e tante domande sono aperte. Ivana voleva che la sororità fosse una spina nel fianco della chiesa per aprire orizzonti nuovi di libertà oltre le rigidità istituzionali. Mantenere viva la profezia di Ivana ci chiede di assumere audacia, di prendere parola, di osare gesti, pratiche di giustizia, camminando insieme nella convocazione comune della Ruah (art.1 della nostra Regola) per una comunità d’amore.
E sento il desiderio di concludere con il saluto che Ivana ci ha lasciato: “Ed ora lasciate che vi saluti con parole di donne, quelle che più mi nutrono: ‘Il soggetto non cerca la cosa di cui ha bisogno, la fa esistere’ (Carla Lonzi); ‘Ciò che hai in mano, tienilo stretto… con corsa spedita… avanza sicura, gioiosa, vivace… senza prestar fede né consensi a chiunque voglia sviarti’ (Chiara d’Assisi)”.
Martina Bugada