In preghiera costante: a chi è rivolto questo invito? Chi può dedicare in maniera costante il proprio tempo alla preghiera come i monaci e le monache di clausura? Su questo tema e sulla domanda che ne consegue ci soffermiamo nell’ultimo numero della rivista, che propone una riflessione sulla preghiera, secondo l’indicazione di Gaudete et exsultate che ci ha accompagnato tutto l’anno.
Riflettere su questo tema nei giorni che aprono al grande evento di Natale è un’opportunità felice e originale! È il tempo in cui benediciamo “il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato il suo popolo”. Troviamo questa bella espressione nel cantico di Zaccaria del Vangelo di Luca, che conclude dicendo grazie “alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge”. Bellissimo questo intreccio di tempi, al passato l’inizio e al futuro la fine! È la cornice stupenda che inquadra la visita: Dio ci ha visitati e ci visiterà. Sempre! È il senso della storia umana, dal passato all’avvenire, ogni memoria e ogni aspettativa, ed è anche invito ad incontrarlo come colui che continuamente ci visita. E noi siamo inseriti in questa storia visitata da Dio.
A Natale celebriamo la festa di un Dio che visitando l’umanità si accompagna ad essa, un Dio che ha fatto di tutto per dire “sono con voi” nella nascita, nella vita, nelle gioie, nei dolori… sempre, anche nella morte, che però diventa vita. La preghiera è consapevolezza di questa presenza. Pregare è accompagnarsi, stabilire una relazione con Dio e tra noi. È parlare con Dio anche di quanti camminano con noi, ce lo dice anche papa Francesco: “L’intercessione esprime l’impegno fraterno con gli altri quando in essa siamo capaci di includere la vita degli altri, le loro angosce più sconvolgenti e i loro sogni più belli” (GE 154).
Facciamoci allora gli auguri di sperimentare la compagnia del Dio con noi, una compagnia che si allarga a quanti Lui mette sul nostro cammino. E faremo anche noi l’esperienza del pellegrino russo, lui “che camminava in preghiera continua, racconta che quella preghiera non lo separava dalla realtà esterna: «Se mi capitava di incontrare qualcuno, tutte quelle persone senza distinzione mi parevano altrettanto amabili che se fossero state della mia famiglia»” (GE 152).
Allora sgorgherà dal cuore per ogni persona l’augurio che nel primo giorno dell’anno la liturgia ci rivolge: “Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace”.
sr. Maria Luisa Bertuzzo