La sua vita

 

 

Giovanna Meneghini è la fondatrice delle Suore Orsoline del S. Cuore di Maria.

 

 

Nacque il 23 maggio 1868 a Bolzano Vicentino, mentre i genitori, abitanti a Grigno nel Trentino, allora territorio austriaco, erano di ritorno con il gregge verso la loro casa, sul Colle che tuttora porta il nome del ceppo popolare “dei Meneghini”.

Il giorno seguente, 24 maggio 1868, i genitori di Giovanna “si fecero premura di farla Battezzare e padrino fu lo zio Antonio Baggio che ricordava sempre con gioia quel lieto giorno”, come Giovanna stessa scriverà.

 

Venne a Breganze, nel vicentino, fin da bambina, affidata dapprima per lunghi periodi e poi di fatto in via definitiva agli zii Baggio. E Breganze fu il luogo della sua vita, della sua maturazione umana e cristiana, della sua scelta vocazionale.
Sviluppò, dalla radice popolare delle sue origini, una personalità singolarmente dotata di note di distinzione e di intelligenza, di bontà d’animo e di religiosità profonda, senza avere avuto particolari opportunità di studio.

Ebbe ancora giovanissima l’intuizione del progetto di fondazione che Dio le affidava: a quindici anni Cristo divenne l’oggetto dei suoi pensieri e dei suoi sogni a tal punto che prese la decisone di consacrarsi a Lui nella verginità. Fu una decisione senza pentimenti e senza ritorni, vissuta in pienezza di gioia e in continua ricerca.

La vocazione religiosa cominciò a delinearsi concretamente due anni dopo, nel 1885. Fece allora una breve esperienza di tre settimane presso l’Istituto Farina di Vicenza, ove accolse l’obbedienza, riflettendo e pregando, aperta allo Spirito. Sì, era proprio la vita religiosa la risposta che Gesù voleva da lei, ma non in quell’Istituto. Comprese che il luogo della sua vocazione era Breganze. Vide interiormente una “bianca casetta” e intuì che il Signore le avrebbe dato delle compagne per una nuova famiglia religiosa che sarebbe nata dal suo sì d’amore alla divina vocazione.

Vibrante nello spirito per l’amore di Dio e piena di stupore per le sue esigenze, definì nelle Memorie tale progetto: “il mistero che tenevo in cuore”.
Si accostò a sant’Angela Merici e alla sua Regola nel 1890, quando mons. Andrea Scotton propose ad alcune giovani della parrocchia quella consacrazione secondo la Regola della santa bresciana che consentiva a ciascuna di rimanere nella propria famiglia e nel proprio lavoro. A ventidue anni divenne così la responsabile del gruppo via via crescente di giovani consacrate in secolarità. Da Angela colse la gioia della consacrazione che la faceva “sposa di Cristo”, l’unità di vita del “Dio solo”, la sensibilità educativa. Fu l’animatrice delle giovani, educatrice e apostola, punto di riferimento per tutte e maestra di vita spirituale per molte, sia nella vita parrocchiale che nell’ambiente di lavoro e presso le famiglie.

Maturò la fondazione della comunità, scrutando la volontà di Dio sulla sua vita attraverso l’intima esperienza della consacrazione che la radicava nell’amore di Cristo, la dedizione alle giovani e l’attenzione alle donne del popolo che divenne sollecitudine apostolica per la loro salvezza, il discernimento costante compiuto con sacerdoti e religiosi, fra i quali fu di particolare rilievo il gesuita p. Maffeo Franzini.
La prima intuizione di vita religiosa in comunità, passando così attraverso l’esperienza di consacrazione nel mondo, aveva assunto i contorni precisi di vocazione a fondare una famiglia religiosa basata sulla Regola di sant’Angela, per vivere in comunità la consacrazione e la missione per il mondo femminile.
Diede inizio nella festa dell’Epifania, il 6 gennaio 1907, alla piccola comunità di sorelle che il Signore le aveva dato. Fu un inizio povero e combattuto perché Giovanna non poteva per il momento far parte della comunità se non dall’esterno, ma aveva la forza di una risposta vocazionale all’amore, sostenuta da una fede immensa. La Provvidenza guidava il popolo di Breganze verso “la casetta del Signore” per offrire mezzi di sostentamento, ma molto più per ricevere, in testimonianza evangelica e sostegno umano. Guadagnandosi la vita con il lavoro delle loro mani, le sorelle si preparavano via via alle attività per la formazione delle bambine e delle giovani, in tutto partecipi della vita della parrocchia, presenti nel tessuto vivo delle famiglie, soprattutto nei momenti difficili.

Entrò tra le figlie della sua casa nel 1910. Tre anni dopo, il 16 luglio 1913, tutta la comunità vestì con Giovanna l’abito religioso benedetto e il velo, iniziando la preparazione ai santi voti.

L’8 settembre 1914, festa della Natività di Maria, Giovanna e le sue dodici compagne emettevano la professione religiosa, mentre un altro gruppo vestiva l’abito e iniziava la formazione. Di quel giorno Luigia Viero lasciò scritto: “La gioia, la commozione dei nostri cuori in uno solo erano grandi. Eravamo la vera unione con Dio Padre, con Dio Figlio, con Dio Spirito Santo. Deo gratias”.
Dio chiamava le Orsoline di Giovanna a vivere la consacrazione verginale nello “spirito di abnegazione e zelo” con amore di spose, nella certezza che “chi tutto lascia tutto trova”. E a servire il Signore “per la salvezza e la santificazione della classe popolare femminile.”

La stanza dove visse e morì GiovannaDio la chiamò a sé il 2 marzo 1918, a meno di cinquant’anni, mentre la pianticella appena nata e non ancora formalmente riconosciuta aveva più bisogno di lei. Dal cielo l’avrebbe aiutata come stella sempre alta sopra il suo cammino, attraverso quella “via oscura” oltre la quale aveva sempre indicato come meta sicura “la luce” di Dio.
Dal punto di vista operativo e sociale nel quale si collocarono, per amore di Cristo, le sue scelte di vita e i suoi gesti concreti, Giovanna dimostrò la capacità di riscattare la realtà femminile non tanto con le parole, quanto con i fatti concreti. Suscitò infatti intorno a sé, nell’ambiente popolare, la consapevolezza delle vere esigenze della femminilità, quelle che trovano conferma nel vangelo. E dimostrò la capacità di assicurarsi, anche nell’obbedienza e nella dipendenza, uno spazio di giusta autonomia, senza mai ricorrere a gesti di rottura. Perciò la sua beatitudine è quella dei puri di cuore, degli operatori di pace e dei miti.

Il progetto di Madre Giovanna era tracciato, ma le condizioni del dopo guerra, la povertà delle origini non permisero alle sedici sorelle, rimaste senza la loro Fondatrice, di esprimere la novità e l’originalità della nuova istituzione, come richiedeva in quel tempo, l’orientamento della Chiesa: l’approvazione diocesana tarda ad arrivare anche se mons. Ferdinando Rodolfi, vescovo di Vicenza, dà il consenso alle Orsoline di aprire delle piccole comunità locali, essendo nel frattempo cresciute numericamente.

L’approvazione diocesana giunse l’8 settembre 1941; quella pontificia il 25 marzo 1950; il Decretum Laudis il 16 luglio 1971. Nel 1984, nel fecondo ritorno alle sorgenti e al carisma della Fondatrice, del periodo post-conciliare, la Congregazione ottenne da parte della Santa Sede l’approvazione della nuova Regola di Vita.