Venerdì 27 ottobre noi ragazze del Servizio Civile abbiamo partecipato ad un interessante convegno organizzato da Donna chiama Donna, associazione che gestisce il centro antiviolenza di Vicenza.
L’incontro si proponeva di analizzare i costi economici della violenza sulle donna (che si riflettono inevitabilmente sia sull’azienda, datrice di lavoro della vittima sia sulla società), con l’obiettivo di diffondere dati statistici e condividere idee e progetti per evitare queste ripercussioni sociali, e cercare di sradicare il problema dalla radice. Durante il convegno si sono alternate molte voci, provenienti da settori lontani tra loro, dalla sanità alla legislatura, dall’impresa alla psicologia, dalla politica all’artigianato.
Dall’analisi dei dati ISTAT del 2013 è emerso che 6,7 milioni di donne in Italia sono vittime di violenza, con un aumento significativo delle denunce. È stato inoltre calcolato che l’incidenza economica a livello sociale della violenza sulla donne è circa 50 volte maggiore rispetto a quella di una guerra civile.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro, al problema della violenza si possono infatti imputare sia i costi diretti sull’azienda (come la sostituzione del posto lavorativo della vittima in quanto necessita di cure fisiche) sia i costi indiretti, perché sempre più spesso la violenza influisce sulla psicologia della donna nel corso del tempo. È infatti emerso come anche lo stato d’animo influenza la produttività aziendale.
Tra le varie proposte per marginare il problema è emersa più volte la necessità di investire di più nella prevenzione e nella formazione. Infatti il costo totale della violenza ammonta a circa 17 miliardi di euro (cifra sottostimata), mentre per la prevenzione nel 2014 sono stati investiti soltanto 14 milioni di euro. Importantissimo è anche accompagnare la donna vittima nel processo post violenza, in percorsi formativi di reinserimento nel mondo del lavoro.
Bisogna inoltre parlare della violenza non più come “fenomeno” ma come problema sociale, che necessita di una fitta rete di servizi di prevenzione, presa in carico e accompagnamento.
Qualcosa però comincia a cambiare, infatti a livello politico, grazie al decreto legge Job Act, per la prima volta in Italia si parla di violenza di genere ed è stato introdotto il permesso il congedo fino a tre mesi per donne vittime di violenza.
Non agire a livello nazionale e con importanti investimenti in azioni di prevenzione e in attività di sostegno e cura verso le donne, a lungo termine causa alla società e ai cittadini un enorme danno culturale ed economico. Un punto di partenza da cui iniziare a scuotere governi, istituzioni e opinione pubblica perché oggi distogliere lo sguardo dal problema non è più possibile.
Di seguito qualche foto dal convegno.