Cercare la sinfonia, perché la musica unisce

14
Lug

Intervista alla musicista Marianne Baddour , ospite a Vicenza da Gerusalemme, la “terra di pace che non ha mai trovato pace”

Marianne Baddour è una giovane coraggiosa ed intraprendente di diciannove anni. Nata in una famiglia greco-ortodossa palestinese, nella Città Vecchia di Gerusalemme, dove ha vissuto e studiato, agli inizi di marzo è arrivata a Vicenza con il progetto Magnificat ed è ospite del convitto “Giovanna Meneghini”. Fin da piccola frequenta una scuola tedesca della città santa, chiamata Schmidt-Schule in cui ha imparato non solo la lingua tedesca, ma anche molto altro che ha plasmato la sua personalità. Nel tempo è cresciuta in lei la passione per la musica, anche attraverso i numerosi concorsi tedeschi a cui ha partecipato. Con la scuola ha avuto modo di conoscere la cultura tedesca. Ora sta imparando la lingua e la cultura italiana.

Quando hai iniziato a studiare musica?

Ho iniziato a suonare il fagottino, che è un piccolo fagotto, da quando avevo sette anni, nel 2012. Era un nuovo strumento che era stato introdotto nell’Istituto Magnificat e non ho esitato a provarlo. É iniziata così la mia carriera musicale come fagottista, fino a quando non ho avuto l’opportunità, offerta dalla mia scuola di musica, di continuare a studiare a livello accademico nel Conservatorio A. Pedrollo, a Vicenza. Dato che dovevo finire gli ultimi due anni di scuola, solo quest’anno sono potuta venire a Vicenza per concludere l’ultimo semestre del triennio al conservatorio. Sono molto grata di aver avuto questa grande esperienza! Ho incontrato persone meravigliose e ho stretto amicizie che mi mancheranno molto quando tornerò a Gerusalemme.

Cos’è il progetto Magnificat?

L’Istituto di musica Magnificat è un luogo dove studenti di tutte le confessioni, musulmani, ebrei e cristiani, possono studiare insieme. Sorto circa trent’anni fa, grazie all’iniziativa di fra Armando Pierucci, oggi conta una media di circa 200 studenti all’anno (ebrei e palestinesi) e 28 insegnanti. Situato nel cuore della Città Vecchia di Gerusalemme, dal 2005 è sede all’estero del Conservatorio di Vicenza. Una convenzione permette agli studenti di conseguire diplomi di primo e secondo livello accademico riconosciuti in tutto il mondo. Da due anni una borsa di studio del Ministero della pubblica istruzione permette a uno/una studente di Gerusalemme di poter vivere un semestre presso la sede di Vicenza.

Cos’è la musica per te?

Per me la musica è un linguaggio che tutti parlano e non si può descrivere con le parole. È qualcosa a cui non si può mai rinunciare; è il cibo dell’anima e nessuno saprà mai quanti sentimenti e quante emozioni porta con sé, o quanto la musica guarisce.

Il Magnificat è una lode a Dio. Qual è il motivo per cui ti senti particolarmente grata a Dio?

Secondo me, nella vita c’è sempre un motivo per ringraziare Dio, anche nei nostri momenti peggiori. Soprattutto perché siamo vivi, respiriamo e siamo in buona salute; non tutte le persone riescono ad avere questo. Quindi dovremmo essere grati per tutto e penso sempre che quando Dio ci toglie qualcosa, ci darà sicuramente qualcosa di meglio; tutto ciò che dobbiamo fare è aspettare ed essere pazienti. Le grandi cose non arrivano velocemente, ma richiedono tempo. Non ho solo una cosa per cui ringraziare Dio, ma molte cose che non riesco nemmeno a contare. Una di queste è avere una famiglia che mi sostiene e che amo più di ogni cosa al mondo. Sono sicuramente grata per ogni opportunità che ho avuto nella vita che mi ha aiutato a plasmare la persona che sono oggi.

C’è un desiderio legato alla lode che hai per questo tempo ?

Il mio desiderio in questa vita è di avere la pace: pace tra i popoli, tra gli stati, tra tutte le cose. Dal momento che siamo già nel ventunesimo secolo e si suppone che siamo cresciuti e abbiamo tanti sviluppi tecnologici, penso che dobbiamo anche concentrarci sullo sviluppo delle relazioni tra di noi e sull’amore che abbiamo, non solo sulle cose materialistiche. Come esseri umani siamo i più importanti su questa terra e se non ci amiamo o non ci aiutiamo a vicenda, allora l’intero significato della creazione è scomparso. Non siamo stati creati per vivere da soli, ma per vivere insieme ed imparare gli uni dagli altri. Se questo non viene raggiunto, allora l’intero scopo dell’umanità su questa terra scompare.

Papa Francesco ha indetto il giubileo ordinario del 2025 e ha dedicato il 2024 alla preparazione attraverso la preghiera, dicendo che è possibile costruire “una sinfonia di preghiera”.

A Gerusalemme hai vissuto la possibilità di una vera sinfonia di preghiera tra le diverse confessioni cristiane e con le altre fedi?

Gerusalemme è la terra di pace che non ha mai trovato pace. Qui è nato il cristianesimo ed è la città più santa del mondo, ma purtroppo non ha mai potuto vivere in pace.

Gerusalemme ha tutto ciò che si può immaginare: si vedono cristiani che vivono accanto a musulmani, accanto a ebrei…

A Gerusalemme si trovano molte persone e turisti provenienti da tutto il mondo con esperienze diverse, favorendo in noi palestinesi l’acquisizione di un grande bagaglio culturale. E questo crea la sinfonia tra le persone, perché quando le persone sono uguali e non sono aperte al mondo, una sinfonia non può mai essere compiuta. La sinfonia deve essere imparata dal tempo ed è lo stesso con la musica. La sinfonia prima è solo un interludio che si alterna tra un atto e l’altro, poi diventa la composizione stessa. Quindi, secondo me, prima è necessario che persone diverse si incontrino e poi si crea la sinfonia.

Poiché a Gerusalemme ci sono le tre religioni principali, abbiamo l’opportunità di vedere come pregano gli altri e conoscere ogni religione: una cosa molto importante quando si vive con mentalità diverse. In questo modo possiamo incontrarci e persino pregare l’uno per l’altro.

Solo in questo modo otteniamo una sinfonia, ma purtroppo alla fine siamo anche esseri umani e la convivenza di nazionalità diverse a volte può essere un problema. Purtroppo, è anche la realtà di Gerusalemme, ed è per questo che la chiamo la terra della pace che non ha mai trovato pace.

Naike Monique Borgo