Il Papa in Mongolia: “Dio ama la piccolezza!”

03
Set
Nella cattedrale di Ulaanbaatar, davanti alla comunità ecclesiale, Francesco ripercorre le radici cristiane in questa terra dallo spiccato senso del sacro. Incoraggia a proseguire, in comunione e semplicità, l’impegno nella cura sanitaria, nella promozione culturale e della dignità delle persone. Rassicura inoltre i governi: “L’azione evangelizzatrice della Chiesa non ha un’agenda politica da portare avanti”, ma conosce solo la “disarmata e disarmante potenza del Risorto”.
“Fratelli, sorelle, non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio”

È il cuore del messaggio di Francesco alla piccola comunità di vescovi, sacerdoti, missionari, consacrati e consacrate e operatori pastorali presenti nella Chiesa in Mongolia. Piccola ma capace di esprimere tanto calore e affetto, capace di far “gustare e sentire” – le parole usate dal Papa fin da quando in areeo si apprestava a compiere questo 43.mo viaggio apostolico – intimamente la relazione comunitaria con Dio. Un Dio che spesso, dice il Papa, usa il linguaggio del sussurro. Nella cattedrale della capitale dedicata ai santi Pietro e Paolo, accolto con il saluto di monsignor José Luis Mumbiela Sierra, vescovo della diocesi della Santissima Trinità ad Almaty (Kazakhstan), presidente della Conferenza episcopale dell’Asia centrale, e dalle testimonianze di suor Salvia, don Peter Sanjaajav e Rufina, il Papa nel suo discorso scandisce che “la piccolezza non è un problema”. E invita a guardare a Maria la quale grandi cose ha compiuto nonostante il suo ‘anonimato’. Dio, sottolinea Francesco, ama la piccolezza.

Le antiche radici della fede “sussurrata” in Mongolia

La visita di Papa Francesco, in questa regione remota rispetto al mondo occidentale, è occasione per conoscere la storia dei semi della fede cattolica gettati qui dai pionieri dell’evangelizzazione. A questo proposito, il Pontefice ricorda il vescovo Wenceslao Selga Padilla, primo prefetto apostolico, costruttore di questa cattedrale. Va a ritroso alle esperienze del primo millennio, contraddistinte dal movimento evangelizzatore di tradizione siriaca che si diffuse lungo la via della seta. Ne nacque “un considerevole impegno missionario”: cita le missioni diplomatiche del XIII secolo, ma anche la cura apostolica di Giovanni da Montecorvino come primo presule di Khān Bālīq. E Francesco sottolinea una particolarità: “fu proprio lui a fornire la prima traduzione in lingua mongola del libro dei Salmi e del Nuovo Testamento”.

Nel 1992 arrivarono i primi missionari della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, a cui si sono aggiunti rappresentanti di altri istituti, clero diocesano e volontari laici. Il Papa ci tiene in particolare a ricordare l’attivo e zelante Padre Stephano Kim Seong-hyeon.

Facciamo memoria di tanti fedeli servitori del Vangelo in Mongolia, che sono qui con noi ora e che, dopo aver speso la vita per Cristo, vedono e gustano le meraviglie che la sua bontà continua ad operare in voi e attraverso di voi. Ma perché spendere la vita per il Vangelo? Proprio perché, come ricorda il Salmo 34, si è gustato, si è sentito il buon sapore, si è sperimentata nella propria vita la tenerezza dell’amore di Dio. Quel Dio che si è reso visibile, toccabile, incontrabile in Gesù.

Senza lo sguardo sul Signore, stanchezza e frustrazione

Il Papa elogia l’impegno in oltre trent’anni in una svariata quantità di iniziative di carità: dall’ambito dell’educazione a quello sanitario, nonché a quello della promozione culturale. Compiacimento e avvertimento da parte del Papa:

Vi incoraggio a proseguire su questa strada feconda e vantaggiosa per l’amato popolo mongolo. Al tempo stesso vi invito a gustare e vedere il Signore, a tornare sempre e di nuovo a quello sguardo originario da cui tutto è nato. Senza di esso, infatti, le forze vengono meno e l’impegno pastorale rischia di diventare sterile erogazione di servizi, in un susseguirsi di azioni dovute, che finiscono per non trasmettere più nulla se non stanchezza e frustrazione.

Abbiamo perso la capacità di adorare

Francesco sottolinea che il popolo mongolo attende questo tipo di testimonianza, avendo peraltro uno spiccato senso del sacro e la capacità di distinguere la reale genuinità della testimonianza stessa. Recupera, il Santo Padre, quella dimensione a volte trascurata, dell’adorazione. “Il cristiano è capace di adorare in silenzio”, dice a braccio: da questa adorazione derivano poi le altre l’attività. “Non dimenticate di adorare. Noi abbiamo perso l’adorazione”.

Di questo c’è bisogno, non di persone indaffarate e distratte che portano avanti progetti, col rischio talvolta di apparire amareggiate per una vita certamente non facile. Occorre tornare alla fonte, al volto di Gesù, alla sua presenza da gustare. 

I governi non temano l’evangelizzazione

La parola genuinità ritorna nelle parole del Pontefice: “La Chiesa che nasce da questo mandato è una Chiesa povera, che poggia solo su una fede genuina, sulla disarmata e disarmante potenza del Risorto, in grado di alleviare le sofferenze dell’umanità ferita”. Da qui una rassicurazione per le autorità:

Ecco perché i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti.

Il vescovo non è un manager

L’invito del Successore di Pietro è a “vedere nel Vescovo non un manager, ma l’immagine viva di Cristo buon Pastore che raduna e guida il suo popolo; un discepolo colmato del carisma apostolico per edificare la vostra fraternità in Cristo e radicarla sempre più in questa nazione dalla nobile identità culturale”. E, riferendosi al cardinale Giorgio Marengo, precisa:

Il fatto, poi, che il vostro Vescovo sia Cardinale vuol essere un’ulteriore espressione di vicinanza: voi tutti, lontani solo fisicamente, siete vicinissimi al cuore di Pietro; e tutta la Chiesa è vicina a voi, alla vostra comunità, che è veramente cattolica, cioè universale, e che attira la simpatia di tutti i fratelli e le sorelle sparsi nel mondo verso la Mongolia, in una grande comunione ecclesiale.

Gustate e vedete il dono che siete, tutta la Chiesa vicina a voi

Approfondisce il concetto di unità nella Chiesa, Bergoglio, precisando che non si tratta di qualcosa che ha a che fare con l’ordine e il rispetto, e nemmeno con una buona strategia per “fare squadra”:

È questione di fede e di amore al Signore, è fedeltà a Lui. Perciò è importante che tutte le componenti ecclesiali si compattino intorno al Vescovo, che rappresenta Cristo vivo in mezzo al suo Popolo, costruendo quella comunione sinodale che è già annuncio e che tanto aiuta a inculturare la fede.

Insiste, a braccio sulla qualità della “vicinanza” al popolo di Dio, semplicità e vicinanza, perché, afferma, la vicinanza è l’atteggiamento di Dio: Dio è compassionevole, vicino e tenero. Ancora, a braccio, aggiunge un concetto di fondo che spesso ritorna nei suoi interventi e che identifica uno dei tratti centrali dello stile dell’evangelizzazione cristiana: la Chiesa non cresce per proselitismo, la Chiesa è un’altra cosa. Il vangelo, scandisce, cresce con la testimonianza.

Affidarsi alla ‘piccolezza’ di Maria, nostra Madre

La Chiesa si presenta al mondo come voce solidale con tutti i poveri e i bisognosi, non tace di fronte alle ingiustizie e con mitezza s’impegna a promuovere la dignità di ogni essere umano.

Prendendo spunto dal ritrovamento di una antica statua di Maria Immacolata in una discarica, il Papa insiste sul fatto che lo scarto apparente è fonte di luce e purezza. Racconta, in conclusione, di aver appreso della tradizione locale della suun dalai ijii, la mamma dal cuore grande come un oceano di latte. E ricorda:

Se, nella narrazione della Storia segreta dei Mongoli, una luce discesa attraverso l’apertura superiore della ger feconda la mitica regina Alungoo, voi potete contemplare nella maternità della Vergine Maria l’azione della luce divina che dall’alto accompagna ogni giorno i passi della vostra Chiesa.

“Andate avanti coraggiosi, non stancatevi di andare avanti: Dio vi ama, Lui vi ha scelti e crede in voi. Io sono con voi e con tutto il cuore vi dico: grazie”. Il ringraziamento del Papa giunge a queste “vostre vite spese per il Vangelo. Continuate così – chiosa il Successore di Pietro – costanti nella preghiera e creativi nella carità, saldi nella comunione, gioiosi e miti in tutto e con tutti”.

Antonella Palermo – Vatican News

Photo: Naike Monique Borgo

Nella cattedrale di Ulaanbaatar, davanti alla comunità ecclesiale, Francesco ripercorre le radici cristiane in questa terra dallo spiccato senso del sacro. Incoraggia a proseguire, in comunione e semplicità, l’impegno nella cura sanitaria, nella promozione culturale e della dignità delle persone. Rassicura inoltre i governi: “L’azione evangelizzatrice della Chiesa non ha un’agenda politica da portare avanti”, ma conosce solo la “disarmata e disarmante potenza del Risorto”.
“Fratelli, sorelle, non abbiate paura dei numeri esigui, dei successi che tardano, della rilevanza che non appare. Non è questa la strada di Dio”

È il cuore del messaggio di Francesco alla piccola comunità di vescovi, sacerdoti, missionari, consacrati e consacrate e operatori pastorali presenti nella Chiesa in Mongolia. Piccola ma capace di esprimere tanto calore e affetto, capace di far “gustare e sentire” – le parole usate dal Papa fin da quando in areeo si apprestava a compiere questo 43.mo viaggio apostolico – intimamente la relazione comunitaria con Dio. Un Dio che spesso, dice il Papa, usa il linguaggio del sussurro. Nella cattedrale della capitale dedicata ai santi Pietro e Paolo, accolto con il saluto di monsignor José Luis Mumbiela Sierra, vescovo della diocesi della Santissima Trinità ad Almaty (Kazakhstan), presidente della Conferenza episcopale dell’Asia centrale, e dalle testimonianze di suor Salvia, don Peter Sanjaajav e Rufina, il Papa nel suo discorso scandisce che “la piccolezza non è un problema”. E invita a guardare a Maria la quale grandi cose ha compiuto nonostante il suo ‘anonimato’. Dio, sottolinea Francesco, ama la piccolezza.

Le antiche radici della fede “sussurrata” in Mongolia

La visita di Papa Francesco, in questa regione remota rispetto al mondo occidentale, è occasione per conoscere la storia dei semi della fede cattolica gettati qui dai pionieri dell’evangelizzazione. A questo proposito, il Pontefice ricorda il vescovo Wenceslao Selga Padilla, primo prefetto apostolico, costruttore di questa cattedrale. Va a ritroso alle esperienze del primo millennio, contraddistinte dal movimento evangelizzatore di tradizione siriaca che si diffuse lungo la via della seta. Ne nacque “un considerevole impegno missionario”: cita le missioni diplomatiche del XIII secolo, ma anche la cura apostolica di Giovanni da Montecorvino come primo presule di Khān Bālīq. E Francesco sottolinea una particolarità: “fu proprio lui a fornire la prima traduzione in lingua mongola del libro dei Salmi e del Nuovo Testamento”.

Nel 1992 arrivarono i primi missionari della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, a cui si sono aggiunti rappresentanti di altri istituti, clero diocesano e volontari laici. Il Papa ci tiene in particolare a ricordare l’attivo e zelante Padre Stephano Kim Seong-hyeon.

Facciamo memoria di tanti fedeli servitori del Vangelo in Mongolia, che sono qui con noi ora e che, dopo aver speso la vita per Cristo, vedono e gustano le meraviglie che la sua bontà continua ad operare in voi e attraverso di voi. Ma perché spendere la vita per il Vangelo? Proprio perché, come ricorda il Salmo 34, si è gustato, si è sentito il buon sapore, si è sperimentata nella propria vita la tenerezza dell’amore di Dio. Quel Dio che si è reso visibile, toccabile, incontrabile in Gesù.

Senza lo sguardo sul Signore, stanchezza e frustrazione

Il Papa elogia l’impegno in oltre trent’anni in una svariata quantità di iniziative di carità: dall’ambito dell’educazione a quello sanitario, nonché a quello della promozione culturale. Compiacimento e avvertimento da parte del Papa:

Vi incoraggio a proseguire su questa strada feconda e vantaggiosa per l’amato popolo mongolo. Al tempo stesso vi invito a gustare e vedere il Signore, a tornare sempre e di nuovo a quello sguardo originario da cui tutto è nato. Senza di esso, infatti, le forze vengono meno e l’impegno pastorale rischia di diventare sterile erogazione di servizi, in un susseguirsi di azioni dovute, che finiscono per non trasmettere più nulla se non stanchezza e frustrazione.

Abbiamo perso la capacità di adorare

Francesco sottolinea che il popolo mongolo attende questo tipo di testimonianza, avendo peraltro uno spiccato senso del sacro e la capacità di distinguere la reale genuinità della testimonianza stessa. Recupera, il Santo Padre, quella dimensione a volte trascurata, dell’adorazione. “Il cristiano è capace di adorare in silenzio”, dice a braccio: da questa adorazione derivano poi le altre l’attività. “Non dimenticate di adorare. Noi abbiamo perso l’adorazione”.

Di questo c’è bisogno, non di persone indaffarate e distratte che portano avanti progetti, col rischio talvolta di apparire amareggiate per una vita certamente non facile. Occorre tornare alla fonte, al volto di Gesù, alla sua presenza da gustare. 

I governi non temano l’evangelizzazione

La parola genuinità ritorna nelle parole del Pontefice: “La Chiesa che nasce da questo mandato è una Chiesa povera, che poggia solo su una fede genuina, sulla disarmata e disarmante potenza del Risorto, in grado di alleviare le sofferenze dell’umanità ferita”. Da qui una rassicurazione per le autorità:

Ecco perché i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti.

Il vescovo non è un manager

L’invito del Successore di Pietro è a “vedere nel Vescovo non un manager, ma l’immagine viva di Cristo buon Pastore che raduna e guida il suo popolo; un discepolo colmato del carisma apostolico per edificare la vostra fraternità in Cristo e radicarla sempre più in questa nazione dalla nobile identità culturale”. E, riferendosi al cardinale Giorgio Marengo, precisa:

Il fatto, poi, che il vostro Vescovo sia Cardinale vuol essere un’ulteriore espressione di vicinanza: voi tutti, lontani solo fisicamente, siete vicinissimi al cuore di Pietro; e tutta la Chiesa è vicina a voi, alla vostra comunità, che è veramente cattolica, cioè universale, e che attira la simpatia di tutti i fratelli e le sorelle sparsi nel mondo verso la Mongolia, in una grande comunione ecclesiale.

Gustate e vedete il dono che siete, tutta la Chiesa vicina a voi

Approfondisce il concetto di unità nella Chiesa, Bergoglio, precisando che non si tratta di qualcosa che ha a che fare con l’ordine e il rispetto, e nemmeno con una buona strategia per “fare squadra”:

È questione di fede e di amore al Signore, è fedeltà a Lui. Perciò è importante che tutte le componenti ecclesiali si compattino intorno al Vescovo, che rappresenta Cristo vivo in mezzo al suo Popolo, costruendo quella comunione sinodale che è già annuncio e che tanto aiuta a inculturare la fede.

Insiste, a braccio sulla qualità della “vicinanza” al popolo di Dio, semplicità e vicinanza, perché, afferma, la vicinanza è l’atteggiamento di Dio: Dio è compassionevole, vicino e tenero. Ancora, a braccio, aggiunge un concetto di fondo che spesso ritorna nei suoi interventi e che identifica uno dei tratti centrali dello stile dell’evangelizzazione cristiana: la Chiesa non cresce per proselitismo, la Chiesa è un’altra cosa. Il vangelo, scandisce, cresce con la testimonianza.

Affidarsi alla ‘piccolezza’ di Maria, nostra Madre

La Chiesa si presenta al mondo come voce solidale con tutti i poveri e i bisognosi, non tace di fronte alle ingiustizie e con mitezza s’impegna a promuovere la dignità di ogni essere umano.

Prendendo spunto dal ritrovamento di una antica statua di Maria Immacolata in una discarica, il Papa insiste sul fatto che lo scarto apparente è fonte di luce e purezza. Racconta, in conclusione, di aver appreso della tradizione locale della suun dalai ijii, la mamma dal cuore grande come un oceano di latte. E ricorda:

Se, nella narrazione della Storia segreta dei Mongoli, una luce discesa attraverso l’apertura superiore della ger feconda la mitica regina Alungoo, voi potete contemplare nella maternità della Vergine Maria l’azione della luce divina che dall’alto accompagna ogni giorno i passi della vostra Chiesa.

“Andate avanti coraggiosi, non stancatevi di andare avanti: Dio vi ama, Lui vi ha scelti e crede in voi. Io sono con voi e con tutto il cuore vi dico: grazie”. Il ringraziamento del Papa giunge a queste “vostre vite spese per il Vangelo. Continuate così – chiosa il Successore di Pietro – costanti nella preghiera e creativi nella carità, saldi nella comunione, gioiosi e miti in tutto e con tutti”.

Antonella Palermo – Vatican News

Photo: Naike Monique Borgo

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