C’è Pietro, oltre allo storpio.
Spesso il rapporto con gli altri è sostenuto dall’attesa di qualcosa da ottenere, proprio come quello dello storpio verso Pietro; lo storpio guarda Pietro, non per incontrare lui, ma per vedere cosa gli esce dalla mano, per ricevere qualcosa.
Pietro invece guarda, vede lo storpio; avverte la sua presenza di persona bisognosa, sente la richiesta profonda della sua vita e si ferma. Avrebbe potuto andare oltre senza il peso del rimorso, senza sentirsi in colpa per non aver dato l’elemosina e passare tranquillo perché non possedeva nulla.
Ma una intuizione profonda riporta Pietro alla sua esperienza di povero, di rinnegatore … rivive il momento più tremendo della sua povertà umana, quello in cui ha tradito il Maestro e ricorda che proprio in quel momento si è sentito guardato con amore infinito. Davanti allo storpio Pietro contatta la consapevolezza di possedere un tesoro prezioso: Gesù, che è perdono, forza, guarigione, vita nuova. Carico di questa presenza che è penetrata nella sua stessa carne, si ferma, fissa lo storpio, gli dice: guardami! Guarda me non la mano! Guarda noi, cioè apriti alla relazione nuova. Nella persona di Pietro, Gesù stesso dona attenzione, restituisce dignità, fa uscire dalla disperazione e dalla dipendenza.
Non ho nulla da darti, né oro, né argento! Se l’avessi te lo darei; se ne avessi tanto, farei un istituto per storpi, invece, ti do quanto ho: ti dò la mia esperienza: anch’io sono stato fissato da Cristo: ero sporco, paralitico, non ne azzeccavo una; la mia infallibilità consisteva nel fatto che infallibilmente le sbagliavo tutte.
Quello che ho te lo do; ti dono la mia esperienza di Gesù, che mi ha guardato con amore, mi ha guardato da fratello, ha stabilito una relazione nuova che ha rinnovato la mia vita.
“Nel nome di Gesù, alzati!”; nella sua vita, nella sua misericordia, nel suo perdono, nel suo amore alzati! “Destati e cammina” e afferrandolo per la mano destra lo aiuta a rialzarsi. Pietro gli dice: “Risorgi!”, perché è una vera risurrezione.
Pietro non offre un aiuto che gli avrebbe permesso di sopravvivere per qualche giorno e che lo avrebbe lasciato nella stessa situazione di inferiorità. Offre la Vita in pienezza.
Questo è il vero primato di Pietro: avere fatto per primo esperienza di un Dio di Misericordia e di tenerezza e non di giudizio, di potere e di violenza.
Ogni miracolo è segno di quell’amore di Dio che dà la vita per i peccatori e la fede è questa guarigione interiore con cui incomincio a credere all’amore di cui sono amato. E quindi posso amarmi con la mia identità e posso amare gli altri nella mia e nella loro povertà.
Pietro è il segno di ciò che costantemente avviene. Il miracolo che deve avvenire in ciascuno di noi, perché Dio non teme la nostra povertà, la ama, la trasforma.
Pietro ci ricorda che “Dio non sceglie quelli capaci, ma rende capaci quelli che sceglie”. Gesù ci sceglie, tutti: “non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. E ci sceglie nella nostra povertà. Poi, con infinita pazienza, ci aiuta a convogliare tutte le potenzialità che abbiamo dentro, nella giusta direzione come ha fatto con Pietro.
Gesù ha trasformato le debolezze, le povertà di Pietro in punti di forza, portandolo pian piano, secondo i suoi tempi di crescita e maturazione, a incanalare le sue energie nell’amore e quindi a portare frutto. In fondo i suoi difetti erano qualità male indirizzate. Così è anche per noi! Gesù ci indica la via per trasformare i limiti in risorse.
Pietro è testardo; la qualità corrispondente è la caparbietà, la perseveranza.
Pietro è irruente, impulsivo; la qualità corrispondente è il coraggio di agire.
Pietro è anche un po’ esibizionista, egocentrico; il valore corrispondente è esporsi, mettersi in gioco.
L’ex storpio balza in piedi. Entra con loro, lui che era escluso, entra danzando, cantando, dicendo le lodi di Dio. Questo è l’uomo risorto che canta, danza, cammina, sa dove andare, con gli altri, liberamente. La gloria di Dio è l’uomo vivente.
sr. Annamaria Confente