In copertina – illustrazione di Chiara Peruffo
Kintsugi: quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa con dell’oro. Credono che quando qualcosa ha una storia, diventa più bello.
“Mai come oggi, in questi tempi di pandemia, possiamo cogliere la dimensione onnipervasiva della fragilità. Semplicemente, essa è costitutiva della condizione umana. […] Nell’attuale crisi siamo messi a confronto con le dimensioni del limite. […] Il riconoscimento umile e realistico della concreta situazione di fragilità propria e altrui conduce a fare di questa debolezza un elemento spiritualmente ricchissimo, potentemente umanizzante. La fragilità diviene creatrice di legami, agisce come ponte che istituisce rapporti tra diversi. Per quanto indesiderabile, la fragilità può divenire capace di mobilitare una società e di creare rapporti di solidarietà e dar vita a istituzioni che si prendono cura dei più bisognosi. […] Il problema non è la fragilità in sé, ma ciò che se ne fa, il rapporto che istituiamo con essa: se riconosciuta e accettata, diventa fondamento di un agire etico. La fragilità è lo spazio in cui lo spirito umano può manifestarsi come resiliente, creativo, geniale…” (dal sito del Monastero di Bose).