150 anni fa la nascita della giornalista vicentina che a inizio ‘900 si batté per la «causa santa della donna», avversata dalla Chiesa e dal regime fascista. Parla la biografa Annalisa Lombardo
«Santità, bisogna che lei difenda noi donne dal ludibrio di essere definite signorine a sessant’anni facendo capire che non le ha volute nessuno». Elisa Salerno era avanti. Poneva negli anni ’40 una questione linguistica sessista, che sarebbe stata sciolta molti decenni dopo. Questa femminista cattolica vicentina era andata direttamente al vertice, a papa Pio XII, perché non si trattava di un problema estetico, bensì di una discriminazione, visto che nessuno più usava lo stesso termine al maschile. A 150 anni dalla nascita (Vicenza, 16 giugno 1873), le intuizioni della Salerno che si è battuta per la «causa santa della donna», rimangono di stretta attualità, e tracciano il quadro di una donna «che capisce che, se vuoi parlare, devi parlare chiaro, senza remore, uscendo fuori dal confine del perbenismo. Era estremamente moderna, forse neppure lei sapeva quanto», afferma Annalisa Lombardo, socia di Presenza Donna, l’associazione delle suore Orsoline fondata nel 1996 per lo studio e la conoscenza di questa figura, e membro del Comitato scientifico del Fondo archivistico “Elisa Salerno”. Da giovane giornalista, la Salerno collabora con il “Vessillo Bianco” (giornale dei cattolici progressisti vicentini) e con “Il Berico” (giornale cattolico conservatore), ma nessuno dei due le dà sufficiente spazio per affermare le sue idee, e quindi chiede al padre Antonio, commerciante, di aiutarla a fondare il suo giornale. Nel 1909 nasce “La Donna e il Lavoro”, a cui più tardi sarà aggiunto il sottotitolo “Giornale del femminismo cristiano”, di cui assunse la direzione, restando a oggi l’unica direttrice di giornali che Vicenza abbia avuto.
«Con l’industrializzazione le donne erano entrate nelle fabbriche, ma non avevano alcun diritto – riprende la Lombardo -. Il giornale era letto perché affrontava questioni di carattere sociale, economico, politico, come la cassa maternità, l’orario ridotto, l’età di ingresso nel mondo del lavoro. Si occupava pochissimo di teologia, non si poneva apertamente contro la Chiesa». Eppure la Salerno viene ammonita dalla Curia vicentina: nel 1919 viene allontanata dai sacramenti, anche se poi riammessa, mentre il suo giornale non viene più considerato stampa cattolica. Nel 1927 i suoi scritti vengono definiti proibiti e quindi messi all’indice.
«Il secondo è stato anche un provvedimento politico – chiarisce Annalisa Lombardo -. La Salerno, non era solo direttrice del suo giornale, ne era anche editrice, promoter, per cui vi allegava i suoi pamphlet, quelli sì tutti contro la Chiesa. Sono questi che fanno scattare, da un lato, i provvedimenti curiali e, dall’altro, provocano l’imbarazzo della censura fascista. A questo punto, lei getta la spugna. Anche per ragioni economiche, il suo giornale non uscirà più. Non si era rivelata un’impresa economicamente di successo, e infatti la Salerno muore in povertà» nel 1957 a 84 anni.
In tutta la sua lunga vita, nonostante avesse sempre affermato che «l’antifemminismo della Chiesa è un’eresia», e nonostante le malversazioni di cui fu fatta oggetto, dentro la Chiesa rimase sempre. «Intuisce che la lettura diretta della Parola rivela la grandezza del pensiero della Chiesa sulla donna stessa – dice la Lombardo, studiosa della Salerno dagli anni ’90, nonché autrice della breve biografia Elisa Salerno – Una vita senza tregua per la causa santa della donna, Maria Pacini-Fazi editori (2019). Lei nutre grande perplessità sul lavoro dei padri della Chiesa, a cominciare da san Paolo, che hanno rielaborato in chiave maschile il pensiero limpido del cristianesimo delle origini sulla donna. Quando legge san Paolo che dice: “Tacciano le donne”, lei si ribella. “Ma dove ha letto che Gesù dica che le donne tacciano? Se c’è un uomo che parla alle donne alla pari, è proprio Gesù”. È, secondo me, una donna che ha fede nonostante la Chiesa».
Una femminista ante litteram quindi, ma cattolica. «La Salerno è stata fra le prime, assieme a un manipolo di donne cattoliche veneto-lombarde, ad affermare il diritto-dovere di essere prima cattoliche, poi femministe. E questa è la cifra più originale del femminismo cristiano di inizio Novecento. Dove la vera vocazione era il riconoscimento della piena dignità della donna a fianco all’uomo, senza sudditanze, senza dipendenze, senza tutto quello che la Chiesa ci ha poi suggerito di accettare come dato di fatto. Ed è anche la cifra più di attualità. Si resta nella Chiesa e si cerca di modificarla da dentro. Quello che fanno le nostre teologhe, con fatica, sapendo di non essere totalmente ascoltate e apprezzate, e sapendo che il percorso sarà ancora lungo». Le celebrazioni per il 150°, iniziate a Vicenza l’8 marzo scorso, con convegni e incontri di approfondimento, si chiudono domani con la traslazione delle spoglie di Elisa Salerno nel famedio del cimitero monumentale di Vicenza. Originale la scelta di pubblicare la graphic novel Elisa Salerno. Femminista? Sì! Cattolica? Anche! di Enrico Zarpellon (autore) e Alice Walczer Baldinazzo (illustratrice), edizioni Becco Giallo, con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico giovane.
Romina Gobbo – Avvenire