Maria di Magdala. Una genealogia apostolica. Recensione

19
Ott

Per “espresso desiderio” di Papa Francesco, il giugno scorso, la Congregazione vaticana per il culto divino ha emesso un decreto con cui la celebrazione di S. Maria Maddalena, il 22 luglio, viene elevata nel Calendario Romano al grado di festa, riconoscendola come ‘modello’ per chiunque.

A marzo 2016, edito da Aracne, è stato pubblicato il libro Maria di Magdala. Una genealogia apostolica di Marinella Perroni e Cristina Simonelli. L’intento delle autrici è quello di aggiungere “qualche tassello al mosaico” che ci permette di cogliere -almeno in parte- il ‘volto’ e l’esperienza di Maria Maddalena attraverso l’approfondimento dei Vangeli che le chiese hanno posto a fondamento della loro fede (nella prima parte) e alcuni testi considerati “apocrifi” del II/IV secolo, in particolare il Vangelo di Maria e il complesso Pistis Sofia (nella seconda).

Marinella Perroni nel suo Un’apostola senza storia: la tradizione canonica analizza la ‘presenza’ di Maria Maddalena nei Vangeli partendo dalla considerazione che “se fin dall’inizio la predicazione cristiana si è fondata su due coppie di pilastri, la morte-sepoltura e la risurrezione-apparizioni, Maria e le altre donne sono personaggi imprescindibili in quanto testimoni di questi momenti al punto che non è possibile raccontarli senza parlare di lei e delle altre”.

Nello sviluppo della storia delle prime comunità cristiane questa immagine della discepola galilea, è stata privata di forza e di valore. Se la figura di Pietro è individuabile nei vangeli come ‘capo’ del gruppo dei dodici, quella di Maria Maddalena è indicata come la guida del gruppo delle discepole, ma la leadership della Maddalena, a differenza di quella di Pietro, non ha trovato riscontro nella configurazione istituzionale delle chiese.

Nella seconda parte del libro “Un’apostola tra spiritualità e conflitto. Tradizioni apocrife” la lettura e l’analisi dei testi fatta da Cristina Simonelli “si occupa di scritti ‘cristiani apocrifi’, ma non li vede solamente come esclusi dal canone biblico. Li valorizza piuttosto come tracce di situazioni, persone, ruoli che sono stati ‘nascosti’: la loro rinnovata lettura rende se non inautentica almeno parziale ogni ricostruzione dell’antichità cristiana che non li preveda”.

In quest’ottica, studiare e approfondire gli scritti apocrifi non è semplicemente conoscere una letteratura particolare, ma ‘entrare’ nelle vicende delle diverse comunità che a questi scritti facevano riferimento. L’approfondimento che scorre nelle pagine del libro sottolinea che “non solo la memoria di Maria Maddalena è rimasta viva, ma anche che ha attraversato contesti geografici e ambiti spirituali diversi” intrecciandosi con tutta una mappa di presenze di donne significative in vari luoghi, a formare un quadro variegato di presenze e ruoli attivi delle donne.

La montagna sopra Reggio Emilia conserva una memoria particolare: una valle che gli abitanti chiamano delle fate, in cui dicono ci fossero gli eremi di donne. In questa valle si celebra la memoria di Maria Maddalena”. Il libro, restituendo parte di questa memoria, fa nascere il desiderio di cercare ed approfondire ancora, affinché la Maddalena “venga restituita alla storia di Gesù e del suo gruppo discepolare prima e dopo Pasqua. E, in questo modo, possa interpellare le chiese oltre che avere qualcosa da dire agli uomini e alle donne di oggi”.

Donatella Mottin

 

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