In copertina – illustrazione di Chiara Peruffo
Per rispondere è necessario che qualcuno, qualcosa, ci parli e che ci lasciamo interpellare da quello che ci viene detto, in qualche modo. Ho pensato subito all’annunciazione, all’irrompere di una parola incomprensibile nella quieta vita di una donna. Ho guardato le molte annunciazioni della pittura e quelle meno pie – che non mostrano una Maria pacificata e orante, sottomessa e obbediente – la dipingono sorpresa, spaventata, incerta. Le sue mani un po’ respingono quella realtà nuova, un poco tentano di proteggere quella quiete che non sarà più. E la sua prima reazione alla parola che le viene detta è lo sforzo di capire “che senso avesse un tale saluto”. La risposta viene dopo, ed è allora che si apre alla disponibilità: “sia fatto di me secondo la tua parola”. E dopo ancora ci sarà il ruminare in silenzio ogni cosa nel suo cuore, per appropriarsi di una risposta che avrà conseguenze enormi e non ancora comprese nella sua vita.
Ho sostituito l’angelo, l’annunciatore (anghello in greco è annunciare) con una barca di migranti che irrompe nella quiete di una stanzetta dove una donna sta leggendo tranquilla. Da lì in poi non sarà più possibile far finta di nulla e qualsiasi risposta, di rifiuto e cecità o di apertura, si renderà non aggirabile. Credo che di simili interpelli sia ormai piena ogni nostra giornata e ci si debba chiedere, dopo un primo ritrarsi spaventati, che risposta ognuno di noi può dare per sé. Ne va della nostra salvezza come umanità.